Chi siamo

Il 17 ottobre del 1943 i partigiani, per la prima volta, cosparsero di chiodi a quattro punte le strade che da Roma portavano verso sud, verso la Linea Gustav. Una punta, in ogni chiodo, restava sempre rivolta verso l’alto – una freccia puntata verso il cielo – pronta a sabotare la marcia del nemico. Gli automezzi tedeschi diretti al fronte furono così messi fuori uso da quegli aggeggi semplici e micidiali, che ne squarciavano gli pneumatici.
Il chiodo a quattro punte è Resistenza: semplice e puntuta. Una resistenza ostinata contro chi raccoglie forze e risorse contro una causa giusta. La verità storica è la causa giusta. Perché purtroppo la storia viene raccontata, ormai, in termini sempre più bizzarri, è fatta oggetto di strumentalizzazioni sfacciate, omissioni e mistificazioni. 4 Punte edizioni si dedica soprattutto alla storia del fascismo e dell’antifascismo, della Seconda guerra mondiale e del dopoguerra, della Guerra fredda. Il nostro progetto, tuttavia, riguarda anche quelle fasi storiche durante le quali, da qualche parte nel mondo, un oppresso ha levato il capo contro un oppressore, e popoli interi si sono ribellati al sopruso del potere reazionario. Troppe cose vengono oggi raccontate poco e male.
La Storia delle vere rivoluzioni e delle grandi lotte di liberazione sta subendo un attacco continuo e implacabile, conosciuto come «revisionismo». Davanti a questi colpi inferti alla memoria, alla narrativa e all’immaginario di ciò che è stato, abbiamo deciso di gettare i nostri chiodi: saggi storici, per testimoniare; romanzi e racconti, per ricostruire un immaginario; infine poesie e altre forme di espressione letteraria, per gettare nuovi ponti di significato verso il passato. Per poterci così muovere, dopo aver fatto tutti i conti, attraversando consapevolmente il presente, verso il futuro.
Così, se il chiodo a quattro punte coincide con l’essere umano che resiste, il progetto racchiuso nell’esperienza 4 Punte è simile all’immagine di un treno. Non un treno che parte, ma un treno che ritorna. I convogli dai vagoni piombati, lugubri e lenti, portarono al nord la nostra gente: deportati politici, deportati militari, ebrei. La dignità umana di quella gente – offesa, calpestata, annientata – deve perciò, metaforicamente, ricostituirsi e fare ritorno. Se la narrazione storica prenderà vie sempre più ingiuste, quella dignità sarà infranta altre mille volte, e niente tornerà al suo posto. Ogni deportato sognò il suo «treno verso sud». Più veloce, coi portelloni aperti che facessero entrare la luce e una nuova speranza.
Che la nostra narrazione riconduca quei deportati a casa, lontano dai lager infami d’Europa, con #ilTrenoVersoSud.